Le forme organizzativa
1) II gruppo ha verificato l'esistenza di forme organizzative diversificate che vanno riconosciute nella loro specificità, senza pretendere di ricondurle ad un modello omogeneo ritenuto ideale.
La fase attuale è caratterizzata dalla sperimentazione di nuove formule organizzative più adeguate alla complessità delle funzioni assunte dal volontariato. Si producono così veri e propri laboratori, la cui ricchezza elaborativa va osservata, tutelata e diffusa nei suoi risultati più significativi. •":" ;
Una prima proposta emersa riguarda l'utilizzo dei registri regionali del volontariato non solo come adempimento al dispositivo previsto dalla L. 266, ma anche come «diffusori» di informazione al volontariato stesso, anche tramite l'utilizzo delle tecnologie informatiche. Parimenti ai Centri di servizio viene raccomandato il monitoraggio e la diffusione delle nuove pratiche organizzative, anche quando esse superano l'ambito di tradizionale azione del volontariato o travalicano le forme organizzative previste dalla L. 266.
Il
terzo settore, infatti, è caratterizzato da una miriade di istituzioni
(associazioni, enti, Ong, fondazioni, cooperative sociali, realtà del
volontariato), che hanno come fine la solidarietà e la pubblica utilità delle
loro azioni, sia in ambito sociale, sia civile che religioso, ciascuno
caratterizzato da specifiche esigenze e peculiarità. Il primo incontro è servito
per delineare i confini entro i quali il progetto del laboratorio dovrà
inserirsi. Le leggi del TERZO SETTORE ci ha abituati a pensare settorialmente,
ma senza tener conto delle specifiche necessità e senza quello sguardo d’insieme
necessario per affrontarli compiutamente, per la mancanza di una legge
quadro. I problemi indicati possono essere, infatti, ricondotti a una comune
matrice che li include tutti: la crisi della famiglia e il ruolo che a questa
importante formazione sociale, fondamento della nostra società, viene dato dalle
Istituzioni. Il terzo settore può dare un contributo alla risoluzione di questa
crisi stimolando la collettività a una maggiore ricerca dell’etica comune e dei
principi ispiratori del no profit: la solidarietà e la pubblica utilità. Gli
organizzatori invitato a partecipare chiunque fosse interessato ad approfondire
e dibattere sulle tematiche in questione.
GLI ENTI SENZA SCOPO DI LUCRO
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PREMESSA
Con il termine “Enti senza scopo di lucro” o anche “Enti non profit” si inquadrano numerosi tipi di soggetti che svolgono, in forme giuridiche diverse, attività di carattere sociale non avendo come scopo prevalente il guadagno (lucro), ma il soddisfacimento diretto dei bisogni socialmente rilevanti (assistenziali, sanitari, ricreativi, sportivi, culturali ecc…).
Sono tutti soggetti che si collocano nel cosiddetto “Non Profit”
Non
è facile muoversi e riconoscersi all’interno di un mondo sconosciuto e
articolato come questo, questa guida vuole sostenere coloro i quali intendono
avvicinarsi e conoscere il mondo non profit e il fenomeno del volontariato a lui
collegato.
Le diverse forme giuridiche, dall’organizzazione di volontariato all’impresa
sociale.
Il nostro ordinamento prevede e regola numerose tipologie di associazioni, di seguito vengono elencate le più diffuse, evidenziando anche le norme che le regolano.
Iniziamo dalla caratteristica giuridica;
a.
associazioni riconosciute (dall’ art.14 all’ 35 del c.c.);
b. associazioni non riconosciute (dall’ art.36
all’ 38 c.c.);
associazioni di volontariato (Legge 11.08..1991, n.266, L.R.);
associazioni iscritte all’anagrafe ONLUS (D.Lgs. 460/97);
Organizzazioni Non Governative (Art. 28, Legge 26.02.1987, n. 49);
associazioni di promozione sociale (Legge 7.12.2000 n.383;)
associazioni sportive dilettantistiche (Legge 16.12.1991, n. 398; L. 586/96);
circoli aziendali (art. 11 L. 300/70);
associazioni dei consumatori (L. 281/98);
Pro Loco (L.R. 33/81 e L.R. 45/83);
associazioni culturali
fondazioni riconosciute (art.14 e segg. c.c.);
comitati (art.39 e segg. c.c.);
fondazioni e associazioni bancarie, nel caso di
non esercizio in via prevalente della gestione delle partecipazioni nella banca
(D. Lgs. n.356 del 20.11.90 – Decreto Amato
e D. Lgs. n.461 del 23.12.99,
Decreto Ciampi)
cooperative sociali (Legge 8.11.1991, n.381);
enti di promozione sociale (art.3, comma 6,
Legge 25.08.1991, n.287);
enti lirici (D.Lgs. 29.06.1996, n.367);
centri di formazione professionale (Legge n. 845
del 1978);
istituti di patronato (Legge 804/97, 112/1980,
Dpr 1017/86);
imprese sociali (DLgs 155/2006, decreti
ministeriali del 24 gennaio 2008).
Gli
enti non lucrativi possono configurarsi sotto il profilo tributario come enti
non commerciali o enti commerciali. Gli enti non commerciali che soddisfano le
condizioni di cui agli art. 10 e seguenti del Dlgs 460/1997 assumono la
posizione fiscale di Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (Onlus).
Settori, Attività Associativa;
Associazione Guardie Ambientali – Zoofile Volontarie per la tutela
e la Protezione Ambientale, Protezione Animali e Civile
Associazioni banca del tempo
Associazioni culturali, musicali, teatrali, turistiche, ecc.
Associazioni di acquisto solidale dette (G.A.S)
Associazioni dei consumatori (L. 281/98),
Associazioni di commercio equo e solidale
Associazioni di osservatori volontari (Ronde)
Associazioni di promozione sociale (L. 383/00)
Associazioni volontari ausiliari del traffico dette (V.A.T.)
Associazioni iscritte all'anagrafe ONLUS (D.Lgs. 460/97)
Associazioni riconosciute e non riconosciute (art.12 c.c.) e non
Associazioni sportive dilettantistiche (L. 91/81; L. 586/96),
Associazioni/organizzazioni di volontariato (L. 266/91, L.R. varie)
Associazioni di protezione civile
Circoli aziendali C.R.A.L (art. 11 L. 300/70)
Circoli Privati
Comitati
Confraternite della (Misericordia, Fratres,)
Cooperative Sociali di tipo A
Fondazioni riconosciute e non riconosciute
Istituzioni varie ( IPAB, pubbliche e private – Enti ecclesiastici cattolici –
Enti religiosi di altre confessioni)
Imprese sociali
Organizzazioni/associazioni Non Governative (L. 49/87),
Ludoteca, Baby Parking, Asilo Nido
Pro Loco (L.R. varie)